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Ubicazion: Via Bovisasca (angolo Via Chiasserini)
Costruzione: X secolo (circa)

 

Venendo da Milano centro e scendendo dal ponte Martin Luther King, si potrà scorgere sulla sinistra una piccola chiesetta bianca. Bene quella chiesetta dedicata a San Mamete è sicuramente l’edificio più antico presente nel Municipio 9 (Affori, Comasina, Bruzzano ecc.), costruito forse intorno all’anno 1000, oggi all’angolo tra via Bovisasca e via Chiasserini.
L’edificio, come dimostrano i tanti reperti di epoca romana trovati scavando nei suoi dintorni, sorge su quella che all’epoca dell’Impero Romano era un’importante strada militare che metteva Milano in comunicazione con Como. La strada rimase molto battuta anche durante il Medioevo e la chiesa fu edificata come piccola cappella oratorio per i viandanti che qui si potevano fermare per pregare. È possibile che sia stata costruita su un preesistente tempio pagano.
La chiesetta è dedicata al martire giovinetto San Mamete, ma non ci sono prove certe che testimonino da chi sia stata costruita. La chiesetta di San Mamete era posta all'incrocio della strada romana che costeggiava torrenti e fontanili con la strada che proveniva da Villapizzone (via Chiasserini).


 

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Delle diverse cappelle devozionali antiche erette in Affori, solo questa e quella dedicata a Santa Giustina sono sopravvissute, l'ultima però assorbita in una chiesa costruita nel 1400 e a sua volta sostituita con la vecchia chiesa (ora in piazzetta Cialdini) nel '500.

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Non è dato sapere come sia nata la devozione al giovane martire di Cesarea di Cappadocia (Asia Minore). Tale chiesina ha vissuto secoli di crescente notorietà i cui echi si sono spenti nei passati anni '60, in un inspiegabile declino. In un documento si legge che nel 1807 vi si poteva ammirare: "...il coro, prezioso e originario avanzo del secolo decimo. Uno dei pochi resti è un dipinto a fresco, discretamente conservato e che si ammira ancora nel lato del vangelo, oltre la marmorea balaustra del 1700 rappresenta il Santo giovinetto Mamete, umile nel portamento, ma fiero della sua fede per la quale diede la vita; viso angelico, leggermente inclinato, capelli biondi incorniciati da un'aureola a tutto fondo; per fattura tecnica il dipinto si dimostra eseguito nella prima metà del 1400". In un altro documento del 1745 si legge: "...L'abside tutta dipinta a toni or vivi, or pallidi, or smorzati nella penombra, or ravvivati da un fascio di luce che, irrompendo al levar del sole nella lunetta del coro, faceva spiccare, mettendole in risalto, le aureole degli affreschi, il soffitto in legno ricoperto, secondo il gusto della seconda metà del 1400, con carte colorate dai raggi solari, dalle stelle in oro, dai nastri svolazzanti con scritti motti biblici".

Negli antichi documenti del dossier di San Mamete si narra altresì del piccolo oratorio e della festa annuale che si celebrava a cui accorreva moltissima gente dei paesi circostanti. Solennità religiosa, incontro amichevole e scambio di notizie e commerci dei prodotti locali, durava una settimana e culminava il 16 agosto, in simbiosi con la tradizionale festa di S. Rocco (molto caro alle popolazioni contadine).

A tutela della chiesina i Parroci di Affori sin dal 1500 vi avevano insediato un "eremita" che abitava gli appositi locali incorporati nell'edificio e svolgeva mansioni di sagrestano e custode.
Tale era la notorietà della chiesina che nel 1671 il dottore della Biblioteca Ambrosiana di Milano, Giuseppe Valvassori, fece pubblicare un libretto in cui narrava la vita del Santo e del "famoso oratorio di San Mamete", assecondando il desiderio del Rev. Don Francesco Maria Ferrario, curato di Affori.

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Infatti in quegli anni il Parroco Ferrario stava restaurando la cappella ormai cadente e vi faceva erigere l'altare in stile barocco, ancor oggi esistente, trasportandovi uno dei dipinti murali come pala d'altare, dipinto purtroppo andato perduto. Nel 1706 il Parroco Gian Battista Motta compie un altro restauro (balaustra, pavimentazione, capriate del soffitto).

Nella prima metà dell'800 il Parroco Astesani, illustre e competente studioso d'arte e archeologia, vi fece seppellire i propri genitori. imitandone l'esempio, la nobile famiglia Litta Gherardini, proprietaria della Villa e di gran parte di Affori, vi faceva seppellire Donna Teresa Litta Arese. Un'opera di restauro compì anche il Parroco Tognola che rifece le strutture e rivitalizzò la "festa", che tornò importante almeno fino alla sua morte nel 1964. Risistemò la piazzetta antistante la chiesa e la recinse, come pure il "vignolo" annesso, e rinnovò la nicchia del Santo.

Grazie alla sua competenza in campo artistico, fu in grado di scoprire, sotto affrescature settecentesche, preziosi dipinti del sec. XII e XVI, che ne attestano l'antichità. Solo i restauri del 1985 voluti e intrapresi dal Parroco Enrico Alberti, hanno riportato un po' di dignità all'edificio.

Oggi, in seguito ad interventi amministrativi della Curia milanese, la chiesetta è passata in cura alla Parrocchiale di San Filippo Neri (quartiere Bovisasca)
Da EDIFICI E OPERE STORICHE - Asco Affori (weebly.com)

Entrando in chiesa Il dipinto dedicato al santo lo si trova al termine della parete di sinistra, poco prima dell’arco trionfale, e raffigura un giovane che i più identificano proprio con San Mamete. La particolarità del dipinto risiede nel fatto che il santo impugna un lungo spadone a indicare che si tratti di un cavaliere, forse un crociato, cosa che Mamete non è mai stato.


La chiesetta è dedicata al santo protettore delle donne incinta e delle balie. Mamete è protettore di chi allatta al seno come le balie o le neomamme perché si racconta che, quando era fuggito sui monti della Turchia per sfuggire alle persecuzioni romane, gli animali selvatici di loro spontanea volontà lo raggiungevano e si facevano mungere perché si potesse sfamare con il loro latte.


In particolare in Brianza e nel milanese, Mamete è il santo che viene pregato dalle donne che faticano ad allattare i loro bambini sperando che il latte aumenti.

Almeno fino ai primi anni del Novecento, prima della nascita del latte artificiale, le donne che partorivano e non avevano latte si rivolgevano a una balia per pensare all’allattamento. Curiosamente le balie per l’allattamento preferite dai milanesi provenivano tutte da Affori perché si riteneva fossero le più sane e le più robuste.

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