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Cascina San Mamete

La Cascina San Mamete
Ubicazione : Via Bovisasca
Costruzione : XV secolo circa

Dopo la limitrofa chiesetta di San Mamete, la cascina omonima è senza dubbio la parte più antica del nostro quartiere.
La struttura, modificatasi con il tempo, è tipica delle cascine lombarde con muri a mattoni a vista, delimitata da spazi per le abitazioni, al piano terra, e fienili nella parte superiore.
Pur non essendo stata ideata da architetti, si può notare la presenza degli archi che delimitano la struttura nel lato sinistro dell’edificio: la presenza degli archi, elemento architettonico di non facile costruzione, dà alla struttura un’armonia particolare e rende l’aia ancor oggi molto bella.
La funzionalità della struttura è evidenziata poi dall’uso dei mattoni e dalla presenza di “prese d’aria” che permettono un’aereazione perfetta per la conservazione del fieno, alimento vitale per gli animali che dimoravano nelle stalle.
Agli inizi del ‘900 in Cascina vivevano i contadini e le loro famiglie: la struttura delle abitazioni rendeva molto viva la vita sociale dei suoi abitanti. Non vi erano serrature e chiavistelli alle porte, la vita era senza dubbio povera ma senz’altro meno inumana di quella attuale

 

Allevamento baco da seta interno cascina san mamete.png
cascina San Mamete foto storica.jpg

I bambini giocavano tranquillamente nell’area protetta dell’aia, sotto l’attenta e amorevole sorveglianza delle madri, senza particolari pericoli.


Ogni famiglia di fronte alla propria abitazione, possedeva poi un albero di gelso, pianta originaria della Cina: questi alberi erano importanti perché le loro foglie rappresentavano il cibo preferito dai bachi da seta.
Fino all’epoca bizantina la produzione della seta era stata un antico segreto e la Cina, che aveva il monopolio, vendeva questi tessuti in tutto il mondo.


Il baco da seta (Bombyx mori) è un insetto lepidottero, una specie di farfalla, appartenente alla famiglia Bombycidae, originario dell'Asia orientale. Le larve di questi insetti secernono un liquido appiccicoso chiamato sericina, che s’indurisce a contatto con l’aria formando un bozzolo. Il bozzolo serve come rifugio per il baco da seta ed è la fonte delle fibre di seta. Prima che i bachi da seta si trasformino in falene, i bozzoli sono accuratamente raccolti. Il baco, sostanzialmente, smaltisce il 90% del suo peso emettendo la seta. A questo punto, ridotte notevolmente la propria dimensioni, inizia la metamorfosi. La larva diventa quindi crisalide che dopo dodici giorni si trasformerà in farfalla, lasciandolo il bozzolo ricco di seta.


Una volta scoperto quale fosse l’insetto che producevano questa meraviglioso filato e quali fossero le foglie di cui si nutriva, la seta fu prodotta anche in Europa. Così era comparso nel nostro territorio il gelso bianco – Morus alba– chiamato così per i suoi frutti bianchi in forma di more oblunghe, riconoscibile dalla corteccia color cannella e dalle grandi foglie di forme diverse. L’allevamento dei bachi da seta era molto frequente su tutto il territorio lombardo.


In molte canzoni popolari si trovano i termini in milanese di murun, moron o muru per indicare i gelsi (“Tri Cu D’ai / murun fa l’uga lerai / col ciondolo lerai ..”), cavalee o bigatt per indicare i bachi da seta mentre i galet sono i bozzoli.
Nella parte centrale della Cascina vi erano le stalle in cui trovavano rifugio le mucche da latte. Nel piano superiore, attraverso un foro nel pavimento era facile, con un forcone, far cadere il fieno direttamente nelle mangiatoie degli animali.
La Bovisasca è stata per secoli un importante via di comunicazione, su questa strada passarono gli eserciti romani, le truppe napoleoniche e le armate di Hitler.


Si narra che la Cascina fu utilizzata come lebbrosario durante la peste di manzoniana memoria nel 1630 e che qui riposarono le truppe napoleoniche prima delle battaglie di Marengo. Quasi sicuramente, lo ricordano bene alcuni abitanti anziani della zona, in queste aree era localizzata la contraerea tedesca in difesa del gasometro della Bovisa. Molti ricordano anche il lavoro di manovalanza svolto dai prigionieri russi accampati sotto le tende, non molto distanti dalla Cascina.


Oggi la Cascina San Mamete continua a vivere. Vi abitano venti famiglie e grazie alla solidarietà degli abitanti del luogo recentemente (Settembre 2024) è stato possibile organizzare nell’aia un concerto d’archi, evento che ha riscosso un grande successo popolare e ha fatto conoscere o ritrovare un luogo che sembrava sconosciuto anche a molti Bovisaschesi.

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