Passando adesso per la Bovisasca si notano soprattutto asfalto e cemento, come in ogni periferia che si rispetti, perfettamente integrata nella cosiddetta città infinita. Ma fino a 60 anni fa (che sembrano moltissimi, ma per certi versi sono ancora dietro l'angolo) la città finiva qui, e in modo perfettamente visibile perché la zona era sterrata. Quindi, fango, campi a volte incolti, prati usati per partite di calcio e costruzioni di legno, chiese comprese. Questa è la prima cosa che si nota leggendo Bovisasca On My Mind, libro pubblicato dall'associazione Cittadini Bovisasca.
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Nasce infatti da una raccolta di foto lanciata a marzo: i residenti venivano invitati ad aprire gli album di famiglia e a estrarre immagini che raccontassero il passato del quartiere. Ne sono arrivate 200 da cui è nata una mostra e ora il libro. "Ne abbiamo dovute scegliere solo 80 per motivi di stampa - confessa Guido Giazzi, presidente dell'associazione - a volte è stato un dolore. Ma crediamo di aver fatto un buon lavoro per documentare la storia del posto" .
Andando anche in là nel tempo, come la chiesetta di San Mamete, dell'undicesimo secolo, e lì accanto una cascina del diciassettesimo secolo. Ma certo la storia della Bovisasca è quasi tutta nel 20mo, "penso alle cascine Tri-cu-dai, tre teste d'aglio, perché sembrava che uscissero dalla terra, di inizio Novecento. O la chiesa del Sacro Cuore, tutta in legno, usata come mensa nella Seconda Guerra Mondiale, in dialetto era detta anche 'Baracca' e noi bambini ci entravamo in bicicletta", dice Giazzi, che era uno di loro. Bambini, già: la Bovisasca ne era piena ai tempi, perché ai tempi li si faceva ancora, adesso sono nella terza età e con la testa, e i cassetti, pieni di ricordi.
Il risultato è (ri)dare identità a un quartiere spesso considerato soprattutto succedaneo della Bovisa, "d'altronde fino agli anni Settanta grazie alla linea delle Ferrovie Nord Bovisa-Como-Varese qui c'erano sei passaggi a livello che spesso erano chiusi e quindi ci isolavano. Finché i ponti non ci hanno aperto al mondo". Un quartiere che nasce a fine anni Cinquanta, nella città del Boom, che si espande rubando prati e campi, popolandosi di immigrati dal Meridione, che arrivavano a cercare speranze e lavoro, che si adattavano a vivere dove e come poteva, che rivivono in queste immagini rigorosamente in bianco e nero, perché a colori costavano troppo. L'identità la diedero loro, scampando anche a inconvenienti che adesso sono impensabili, come i dazi: "Era più comodo comprare la carne a Novate, ma poi per portarla in città bisognava pagare una tassa e allora tutti facevano lunghi giri per i campi".
Il libro Bovisasca On My Mind è stato presentato alla Biblioteca di Villa Litta ad Affori l'11 febbraio 2022; cinque mesi prima erano state proiettate le fotografie in bianco e nero che ne costituivano il primo archivio della memoria storica della Bovisasca: centinaia di foto raccolte e fornite dai residenti dal quartiere.
Altre iniziative culturali sono organizzate periodicamente dall'associazione Cittadini Bovisasca presso la Casa delle Associazioni e del Volontariato del Municipio 9 in via Bovisasca 173: mostre, presentazioni di libri per Bookcity, concerti e proiezioni di film.
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In fine l'Associazione ha diversi progetti con le scuole per raccontare ai giovani del quartiere la vita e i giochi dell'epoca, la Storia e le trasformazioni della Bovisasca. "E sui luoghi più significativi vorremmo posizionare dei pannelli descrittivi con codici Qr, per permettere a chi vi passa accanto di saperne di più semplicemente puntando il proprio cellulare".
Iniziativa molto interessante, sono una cittadina della bovisasca d'adozione :-)
bello poter vedere com era il quartiere tanti anni fà
Grazie, un bell'articolo ben scritto. Io il libro Bovisasca On My Mind l'ho già preso e me lo sfoglio spesso gustando le bellissime immagini che mi riportano indietro nel tempo. BRAVISSIMI, BEN FATTO...!!!