Incontro con Tommaso Previtali, giovane educatore cinofilo e consulente della relazione felina con approccio cognitivo-zooantropologico
In un luogo pubblico di transito che, nonostante la mia perplessità legata al rumore, si rivelerà una scelta azzeccata poichè gli ha permesso di mostrarmi con esempi dal vivo alcuni comportamenti dei cani che sono passati con i rispettivi umani. Ero talmente assorta dalle sue interessanti spiegazioni da dimenticare il brusio di sottofondo, inoltre la passione nella sua voce ha amplificato il fascino dell’argomento.
Arrivo all’incontro con “le mie verità sul cane” legate a documentari ed esperienze dirette, quali la convinzione che c’è una lunga storia di amicizia tra cane e uomo, che l’addestramento del cane è utile per la comune convivenza, soprattutto in appartamento e che i canili svolgono una funzione importante. Alla fine avrò diverse cose su cui riflettere e alcuni convincimenti saranno messi in discussione.
Su un aspetto ci troviamo d’accordo: l’addomesticamento del cane risale ad epoche antichissime, addirittura preistoriche come dimostrano numerosi disegni rupestri ritrovati in diverse aree e da allora il cane ha accompagnato la vita umana in tutte le epoche però con ruoli differenti, ma con un’influenza reciproca: il cane ha modificato il nostro modo di vivere e contemporaneamente noi abbiamo condizionato il suo comportamento.
La voce di un educatore cinofilo: cosa fare per accogliere al meglio un animale in famiglia
Da circa 10 anni questo educatore trentenne, diplomato nel 2015, ha iniziato la sua attività con molte difficoltà sia per la mancanza di una specifica legislazione che tuteli la professione: infatti esistono corsi di un mese ed altri di anni, ma tutti danno la qualifica di educatore cinofilo, sia per la novità dell’approccio cognitivo-zooantropologico che può essere di difficile comprensione per le persone.
Mi spiega che le ricerche delle scienze cognitive zooantropologiche, sviluppate in Italia da Roberto Marchesini, direttore della Scuola di Interazione Uomo Animale, hanno permesso di superare il concetto di addestramento del cane volto ad ottenere una performance.
L'educazione del cane è finalmente vista come un processo di trasmissione e trasformazione culturale, che, partendo dalla comprensione del suo comportamento, giunge a modificarlo anche grazie alla qualità delle relazioni fra uomo e animale.
Tommaso sostiene che l’ideale sarebbe confrontarsi con un educatore molto prima di accogliere il cane, il gatto oppure altri animali perché il professionista può aiutare a preparare la casa al meglio e può chiarire cosa aspettarsi dall’animale. Consiglia di controllare sempre le competenze dell’educatore chiedendogli che tipo di scuola ha seguito e facendo delle ricerche prima di affidarsi alla sua consulenza.
Perché è preferibile educare un cane invece di addestrarlo?
«L’addestramento è un metodo: segue delle regole standard e applica le sue metodologie a qualsiasi individuo, perchè si ricerca la perfomance ed il controllo a scapito delle necessità del cane. L’educazione cognitivista invece segue un approccio: non ha delle metodologie fisse e si adegua all’animale, in modo da trovare un equilibrio fra le sue necessità e quelle della famiglia e della società in cui vive.»
Ci racconti qualcosa della tua esperienza di educatore?
«Spesso i cani di piccola taglia tendono a prendere il controllo della situazione come nel caso di un bassotto che ho conosciuto che era il “capofamiglia” con il risultato che controllava tutti, anche le persone che entravano. Ho dovuto instaurare una relazione con lei, capirla per poi aiutare la famiglia a modificare il proprio comportamento. Oppure un altro, di grossa taglia, che aveva sviluppato un eccessivo possesso nei confronti della donna e non permetteva al marito di avvicinarla. Purtroppo le persone tendono a chiamare l’educatore quando c’è un problema serio e a volte è un po’ troppo tardi.
Ho incontrato diverse famiglie prigioniere del proprio cane che addirittura mordeva direttamente chi non obbediva ai suoi ordini. Nei casi molto difficili sarà il veterinario comportamentalista a valutare se il cane ha problematiche comportamentali e/o neurologiche e se possono essere necessari gli psicofarmaci.
A volte i cani usano un oggetto transizionale, cioè un oggetto (come il cane che stava passando con in bocca qualcosa verde che scuoteva, lasciava e riprendeva) che gli permette di relazionarsi in un ambiente che sente estraneo. La bocca è l’organo principale con cui il cane si interfaccia con ambiente e persone. Un cane che sa usare un oggetto transizionale è un cane competente, che sa utilizzare al meglio gli strumenti (fisici o mentali) a sua disposizione per interfacciarsi con il mondo.
Contrariamente a quello che si pensa sono i gatti gli animali con più problematiche fra quelli domestici, non ci rendiamo conto di quanti nelle nostre case stiano male: un gatto che dorme sempre non sta bene. Se è grasso non sta bene, potrebbe essere depresso e non trovare più nulla di bello nella vita. Il gatto è uno dei pochi animali che somatizza le problematiche psicologiche, infatti alcuni studi hanno appurato che “la cistite idiopatica felina” spesso non ha basi fisiche.»
Cosa ne pensi dei canili?
«Li conosco bene perché ho svolto una parte del tirocinio durante gli studi e ho fatto per qualche anno il volontario. È una questione complessa. Per me i canili sono il simbolo del nostro fallimento nel trovare una soluzione che permetta una serena convivenza tra uomini ed animali. Infatti i canili nascono per la necessità di controllare gli animali che hanno perso un ruolo specifico per la comunità. Mi spiego. Il cane in passato aveva un ruolo: fare la guardia alle greggi, alla casa, trasportare dei carichi con slitte ecc. ma con lo sviluppo industriale molti di questi ruoli sono andati perduti e sono stati sostituiti dal ruolo di compagnia oppure di terapia (pet-terapy) probabilmente perché i bisogni degli umani sono cambiati.
I canili sono realmente delle carceri, quasi sempre sovraffollate, che cercano di salvare la vita ad animali che vivevano in situazioni estreme o presunte tali: randagismo, maltrattamento o abbandono, e poi ne propongono l’adozione. In ogni caso gli animali sono doppiamente vittime prima dell’entrata in canile e dopo, poiché nessuno in carcere sta bene, neppure loro. La maggior parte dei volontari non hanno una preparazione specifica, ci mettono tanto cuore ma non riescono a rispondere alle esigenze di tutti gli animali, a seguirli individualmente come sarebbe necessario. Finiscono insieme cani che non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, un cucciolo per esempio potrebbe crescere vessato dall’adulto convivente, insomma sarebbe come mettere un serial killer insieme ad un ladruncolo. Ovviamente non può finire bene, spesso ci sono traumi che lasciano il segno, se il cucciolo è cresciuto in canile potrebbe addirittura sviluppare una fobia ambientale.
Adottare un animale vissuto in canile: quali traumi potrebbe aver vissuto e come gestire la sua accoglienza nella nuova casa
A volte le informazioni date dal canile sono inesatte o incomplete con il risultato che poi gli adottanti si ritrovano a non riuscire a gestire i problemi del cane. Contrariamente a quello che spesso sento dire, prendo un cucciolo così lo educo come voglio, secondo me è meglio adottare un cane adulto, incontrarlo moltissime volte prima di portarlo a casa, conoscerlo, capirlo, instaurare una relazione, farsi aiutare da un educatore a preparare la casa ad avere informazioni sul tipo di cane (ci sono caratteristiche di specie), sul carattere del singolo individuo, sulle sue competenze relazionali con gli altri cani e con gli uomini, che sono spesso influenzate, in positivo e in negativo, dalle esperienze vissute.
Se un cane ha sofferto da piccolo di deprivazione affettiva, allontanato presto dalla madre, senza fratelli, figlio di randagi, è molto probabile che abbia problemi relazionali. Adottare un individuo di 3 anni o più, per me sarebbe l’ideale perché hai davanti un soggetto che magari non sa esprimersi al meglio essendo vissuto in una gabbia, però è conosciuto dai volontari che daranno informazioni più accurate; sarà inoltre un soggetto già adulto e sviluppato che, magari pur avendo qualche difficoltà, presenterà meno incognite di un cucciolo che deve ancora sviluppare un proprio carattere. In questo modo si costruiscono le migliori premesse per poter vivere bene con il proprio cane. Non c’è il cane perfetto quindi è opportuno trovare il cane con i problemi con i quali la famiglia riesce a interagire meglio.»
«Insomma bisogna riflettere bene prima di adottare un animale, bisogna aver chiare le proprie motivazioni. Un animale non è un oggetto da abbandonare quando scopri che ha delle proprie esigenze che non collimano, o peggio fanno a pugni, con le tue. Però vivere con un cane è un’esperienza bellissima se c’è comprensione e rispetto da parte di entrambi e naturalmente amore.»
È stato un incontro interessante! Grazie Tommaso.
Approfondimenti:
Sito della Scuola di Interazione Uomo Animale: https://siua.it/
Veterinario comportamentalista:
Roberto Marchesini:
“Pedagogia cinofila. Introduzione all’approccio cognitivo
"Animali in città. Manuale di zooantropologia urbana";
"Cane & Gatto. Due stili a confronto".
grazie mi ha fatto molto riflettere